Il romanzo

  BIOGRAFIA NON AUTORIZZATA DEL SIGNOR K.

 

                                                                                                                                                                  I.            Il signor K.

Il signor K. lavorava da dodici anni presso una grande società di gestione delle risorse, la qual cosa dava ai conoscenti una notevole impressione per il senso di mistero permeante quella definizione, ma in realtà lui stesso non sapeva bene di cosa si occupasse esattamente la ditta nella quale lavorava. Nei primi anni ci si provò anche a chiedere a colleghi e a superiori, ma invano, i primi lo canzonarono trattandolo da ignorante, (ma poi si convinse che anche loro probabilmente non sapevano o non capivano senza voler ammettere), i secondi si mostrarono molto reticenti, la prima volta che chiese un'udienza dal sig. direttore dovette attendere diversi mesi prima di avere il permesso di comunicare alla segretaria particolare i motivi dell'udienza, senza avere peraltro nessuna risposta. Ciò nonostante la sua scrivania era costantemente sepolta da fascicoli da evadere, pur tuttavia il signor K., che lavorava sempre con molto scrupolo non riuscì mai a determinare le conseguenze delle sue azioni. Con ironia, ripensava a suo padre, il signor S.K. , il quale diversamente da lui sapeva bene quale era la sua professione ma si era rifiutato categoricamente di dirlo quando lui era presente. Lo vedeva uscire la mattina con il berretto e la colazione, per tornare , stanco alla sera, e non appena la conversazione si spostava verso il suo lavoro, la interrompeva bruscamente. K. rimase in questo stato di incertezza, di mistero, di inquietitudine riguardo al lavoro di suo padre per circa vent'anni. Poi lo scoprì fortuitamente, una sera che si era fatto un po' tardi al teatro e per tornare a casa chiamò un taxi; sì suo padre era un tassista e per qualche motivo, se ne vergognava.

                                                                                                                                                                     II.            La sedia

Il signor K. lavorava in piedi. Tutto il giorno in piedi, chino sulle carte depositate sulla scrivania; nei primi periodi era una tortura vera e propria, ora vi ci si era abituato. Il signor K. lavorava in piedi perchè anni addietro gli era stata tolta la sedia per oscuri e peraltro ormai dimenticati motivi; aveva sì fatto regolare richiesta inoltrata e protocollata di una nuova sedia, ma la faccenda andava per le lunghe. Dopo circa un anno dalla sua domanda fu inviato ad una commissione di tecnici, che lo “misurarono” , vale a dire che gli presero le misure delle lunghezze degli arti inferiori e superiori, nonché del busto. La cosa faceva ben sperare ma di lì ad un anno arrivò un avviso che sedie per la sua taglia al momento erano terminate, lo pregavano di attendere la successiva fornitura. Un giorno pensò bene di alleviare un poco la schiena aprendo il tiretto inferiore della scrivania per poggiarci il piede, ma non osò. Il signor K. non faceva mai un'azione qualsiasi senza aver prima soppesato lungamente i pro e i contro, e ogni piccolo sassolino diventava un macigno insuperabile. In tal caso l'azione in proposito non venivaabbandonata, ma solo momentaneamente accantonata in attesa che, sviluppi successivi, ne permettessero un felice esito. Il signor K. aveva un libricino zeppo di tali azioni sospese ed almeno una volta all'anno lo scorreva annotando variazioni.

III    La casa

      Il signor K. viveva in un confortevole piccolo appartamento di due stanze in un condominio di quattro piani dall'aria vetusta e sgangherata. L'appartamento gli era stato donato dal nonno molti anni prima, ma la donazione non era stata per ora registrata per cui il signor K. versava mensilmente un affitto all'avvocato della seconda moglie del povero nonno, nonché una quota al proprio avvocato per condurre in porto la causa che finalmente avrebbe restituito a lui la piena propietà. L'appartamento del signor k. era davvero misero, ma lui trovava che fosse davvero comodo. Nella stanza principale  trovava posto il letto, un tavolo, una sedia, un cucinino, un armadio; era la stanza che usava più spesso, l'altra stanza era sempre chiusa, e peraltro lui, non vi era mai entrato. Solo una volta, alcuni anni prima, era stato tentato di vederne il contenuto, ma poi si accorse che la porta era chiusa a chiave, e anche se la chiave era infilata nella toppa, preferì rimanere con la curiosità. Col tempo poi non ci pensò più.

 La finestra

 

Al lavoro il cruccio maggiore era per la finestra. Infatti il signor K lavorava in uno stanzone basso e pieno di scrivanie allineate; la sua era l'ultima in fondo per cui lavorando dava le spalle a tutti. Un giorno, alcuni anni prima, si era voltato fingendo di raccogliere una gomma, ma aveva colto un insieme di sguardi carichi di odio feroce, per cui si era rapidamente girato e da allora non si era più provato. Da allora aveva escogitato il sistema di venire presto e andarsene più tardi, il che risolveva appieno il problema.Il problema vero era però che questo stanzone aveva una piccola finestra dalla parte opposta, davvero insufficiente per permettere il ricambio dell'aria. Inoltre tale finestra era tenuta sempre inesorabilmente chiusa, ma il signor K. confidava negli inevitabili spifferi,dato lo stato rovinoso dell'infisso, questo almeno fino al giorno in cui passando mentre erano in atto delle pulizie non scoprì che dietro la finestra vi era un muro.I Problemi erano enormemente acuiti durante la stagione invernale, quando il forte calore e la mancanza di ossigeno rendevano l'aria opprimente a tal punto che il signor K. aveva delle allucinazioni.Per quei momenti di crisi, il signor K. aveva trovato comunque una geniale soluzione consistente in una bombola di ossigeno portatile, comunque usata con parsimonia, e di nascosto   . 

 

Segue........                                                                        

 

L'hobby

Il signor K aveva molti passatempi; il suo tempo libero,quando ne aveva, era sempre molto ben programmato; cosa fare, come e in che tempi, tutto era di solito ponderato e deciso con calma. In ogni caso non si trattava di un hobby specifico anche se in tutto ciò che faceva vi erano sempre denominatori comuni quali la curiosità, la ricerca, e l'assoluta mancanza di un fine tangibile. 

Il romanzo...

Raffaele Pierri

Liceo Galileo Galilei Pescara

Matematica e Fisica